giovedì 3 maggio 2012

A.I.C.I. Ancona
 

INVITO ALLA LETTURA

in preparazione del 3° incontro del 

 

                       LABORATORIO ESPERIENZIALE per DOCENTI

                     FORMARSI PER NON FERMARSI
                               giovedì, 17 maggio 2012

Comunicazione e riconoscimento di identità docente/alunno

• Analisi elaborazione e soluzione di casi e situazioni reali




Nel prossimo 3° incontro ci occuperemo della COSTRUZIONE e del RICONOSCIMENTO di identità del docente da parte dell'alunno, come dell'alunno da parte del docente.

In previsione propongo ai docenti interessati due interventi "preparatori".
Qui di seguito il primo (il secondo sarà pubblicato tra qualche giorno)

Giovanni Jervis: Che cos'è l'identità?

selezione da Il Grillo 16/2/1998 http://www.emsf.rai.it/
In http://www.emsf.rai.it/ potrete leggere l'intera intervista a Giovanni Jervis, di cui qui di seguito è riportato qualche passo.

JERVIS: Cos'è la nostra identità?
"Essa è tutto ciò che caratterizza ciascuno di noi come individuo singolo e inconfondibile. E' ciò che impedisce alle persone di scambiarci per qualcun altro. Così come ognuno ha un'identità per gli altri, ha anche un'identità per sé. Quella per gli altri è l'identità oggettiva, l'identità per sé è l'identità soggettiva. L'identità soggettiva è l'insieme delle mie caratteristiche così come io le vedo e le descrivo in me stesso. L'identità oggettiva di ciascuno, ossia la sua riconoscibilità, si presenta secondo tre principali modalità. La prima modalità è l'identità fisica: questa è data soprattutto dalle caratteristiche della faccia, le quali ci permettono di non esser confusi con un'altra persona. La seconda modalità è l'identità sociale, ossia un insieme di caratteristiche quali l'età, lo stato civile, la professione, il livello culturale e l'appartenenza ad una certa fascia di reddito. La terza modalità è l'identità psicologica, ovvero la mia personalità, lo stile costante del mio comportamento. Alcuni aspetti dell'identità cambiano più facilmente di altri. L'identità sociale può cambiare rapidamente: se, ad esempio, un funzionario di banca va in pensione e si trasferisce in campagna, ecco che la sua identità sociale è cambiata ed egli non è più il tale funzionario benestante e abitante in città, ma è il tal'altro pensionato, solerte proprietario di un piccolo orto. L'identità fisica invece cambia gradatamente. E' probabile che a sessant'anni abbia più o meno la stessa faccia di dieci anni prima, anche se potrei avere una faccia alquanto diversa rispetto a trenta o quarant'anni prima. L'identità psicologica è una tema molto interessante e anch'essa cambia piuttosto poco: ognuno ha una sua personalità, vale a dire una certa intelligenza, determinate attitudini e specifici tratti del carattere. La personalità dipende, in gran parte, da fattori genetici e assume caratteristiche stabili durante l'infanzia.
STUDENTE: In cosa consiste l'identità soggettiva e che rapporto ha con quella oggettiva?
JERVIS: Si tratta di un tema molto interessante. La prima cosa che potrebbe venire in mente riguardo a tale argomento è che esiste la possibilità che si venga a creare una discrepanza fra come io mi sento e mi definisco e come mi vedono gli altri. A tale proposito si dovrebbe innanzitutto dire che il mio modo di vedermi è in larga misura il riflesso della maniera in cui mi vedono gli altri e della maniera in cui io so che mi vedono gli altri: normalmente si "chiede" ad altre persone di dirci chi siamo. A questo punto, però, veniamo a trovarci in una situazione abbastanza spinosa, perché di norma non domandiamo a tutti gli altri di definirci e di illuminarci sul nostro carattere, ma operiamo una selezione tra le persone che reputiamo deputate a tal compito: esse sono essenzialmente i nostri familiari e i nostri amici. In questo modo accade che coloro che dovrebbe farci conoscere le nostre peculiarità caratteriali, sono proprio quelle persone che tendono a presentarci la versione più gradevole e più accettabile della nostra personalità. Di conseguenza, spesso si vengono a creare delle situazioni improntate sulla malafede, perché l'immagine di me stesso che mi sono creato risulta più favorevole dell'immagine che ho delle persone esterne alla cerchia più intima dei miei conoscenti.
STUDENTESSA: Quanto influisce il contesto storico-sociale in cui viviamo sulla nostra identità?
JERVIS: Esso influisce moltissimo su quella che si può definire la "identità sociale". Quest'ultima è in gran parte data dal tipo di attività che svolgiamo, dalla nostra collocazione in una certa fascia sociale e dalla cultura a cui apparteniamo. Ovviamente l'identità di un contadino è diversa da quella di un cittadino, così come l'identità di una persona che abita in un paese del cosiddetto "Terzo Mondo" risulta differente da quella di un individuo del mondo industrializzato. Riguardo a tale aspetto le cose sono oggi molto cambiate: il mondo si sta lentamente uniformando e sta mutando la possibilità di crearsi un'identità. Quest'ultima, infatti, non deve più necessariamente essere coerente con quella data dalla cultura in cui siamo nati: oggi come oggi un individuo potrebbe essere stimolato a cambiare cultura, magari emigrando o tentando di migliorare la propria posizione sociale. Entrando in particolari più spiccioli, è anche abbastanza facile notare come il carattere dei figli non sempre assomigli a quello dei genitori. Sino a tempi relativamente recenti, le identità sociali - soprattutto in riferimento al tipo di attività lavorativa - venivano predisposte dalla nascita. Per quanto riguarda la sfera del femminile, ad esempio, i ruoli che le donne potevano avere all'interno di una società tradizionale risultavano predeterminati e di numero ridotto: sposarsi in un certo ambiente sociale, restare nubili, farsi suore e così via. Nelle società tradizionali - così come nelle culture contadine dell'Italia contemporanea - il destino di un individuo veniva deciso dalla famiglia quando questo era ancora in età infantile. Anche all'interno dei ceti più elevati e privilegiati era abbastanza comune che il figlio continuasse il mestiere dei genitori. Questo è un aspetto abbastanza caratteristico delle piccole imprese commerciali o industriali: fino a poco tempo fa era tradizione che un'attività su base familiare di tal genere fosse gestita dalla persona che l'aveva creata e che, una volta assente il fondatore, venisse amministrata dai suoi figli. Questo modo di agire aveva - ed ha - una sua funzionalità, perché si trattava di imprese piccole che non dovevano essere particolarmente competitive. Se il volume d'affari della fabbrica subiva invece un incremento, non risultatava altrettanto utile donarla alla propria prole, perchè i figli non sono necessariamente le persone più adatte a gestire un'impresa. In tale contesto il problema è dato proprio dal fatto che le specificità caratteriali dei figli spesso non somigliano a quelle dei genitori. E' sempre più evidente come in certi casi si debba scegliere la persona più consona a portare avanti una certa impresa - commerciale o industriale che sia - anche se quest'ultima può non coincidere con il figlio del fondatore. Il figlio di un artigiano non solo non è necessariamente adatto a fare l'artigiano, ma può anche non avere nessuna voglia di fare l'artigiano. Questa reinvenzione delle identità attraverso le generazioni è forse il fenomeno più interessante e, in qualche modo, più nuovo all'interno del problema generale dell'identità.
STUDENTESSA: Cosa succede quando l'identità soggettiva entra in contrasto con quella oggettiva?
JERVIS: Per risponderLe potrei collegarmi alla domanda di prima: l'identità oggettiva è quella che costruiamo durante la vita. Voi siete giovani e vi trovate in un momento cruciale per la costruzione dell'identità: il tipo di mestiere, di credo religioso e di appartenenza familiare caratteristici di una vita, infatti, vengono maturati specialmente fra i quattordici e i venticinque anni. L'identità sociale svolge bene il suo compito se riesce a utilizzare in modo ottimale le proprie potenzialità: se un individuo ha uno spiccato talento per la matematica, è nel suo interesse scegliersi un mestiere in cui la matematica abbia un certo peso. Ciò risulta tanto più utile in quanto facciamo parte di una società in cui la competizione svolge un ruolo importante: chi riesce ad avere successo è colui che ha individuato gli ambiti che gli sono più congeniali e li ha utilizzati al meglio, trascurando altre caratteristiche della sua personalità. Questa capacità riguarda la costruzione dell'identità "adulta" e costituisce un grosso problema, anche perché, una volta formata, l'identità adulta non si può cambiare molto facilmente. Mettere su famiglia, crearla presto o crearla tardi, avere molto figli o averne pochi, puntare ad un certo tipo di carriera o ad un altro, scegliere una vita basata su valori economici o su valori di altro tipo: nella costruzione dell'identità gli aspetti soggettivi si configurano come un problema di autoriconoscibilità e di autodescrizione. Si tratta di una questione molto delicata, perché è importante che ognuno - soggettivamente - sappia dare l'immagine più esatta possibile della propria identità. E' il vecchio problema del "conoscere se stessi": quanto più un individuo conosce le proprie caratteristiche, tanto più potrà costruire un'identità "oggettiva", ovvero un'identità riconosciuta dagli altri, che sia funzionale ai suoi interessi e che svolga bene il suo compito anche dal punto di vista dell'interesse sociale. [...]"

 l'incontro sarà gratuito e aperto anche a docenti che non hanno partecipato ai due precedenti 

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